Per quanto riguarda la sua storia, nella seconda metà degli anni ottanta dell’Ottocento, il professor Tullio Sartori Montecroce fu uno degli ultimi ad esaminarne i documenti organizzati ancora secondo l’ordinamento più antico.
Nella sua monumentale opera, dedicata al diritto statutario della Magnifica Comunità, il giurista primierotto descrisse il deposito documentario e dichiarò che, come nella maggior parte dei comuni rurali trentini, fino al 1730 esso si trovava nella sagrestia della Pieve. In quell’anno, per ordine dello Scario Giuseppe Rizzoli, l’Archivio venne trasportato in 25 cassetti presso il Palazzo della Loza: l’antica sede della Comunità. Tale suddivisione in cassetti sarebbe tuttavia precedente al XVIII secolo, come dimostra il “Registro dell’Archivio della Mag.ca Comunità della Valle di Fiemme” compilato tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento.
Nel registro la descrizione dei documenti fu eseguita secondo una suddivisione in serie contrassegnate da lettere dell’alfabeto, il che potrebbe anche far pensare all’esistenza di un ordinamento preesistente trasferito poi sulle in quelle pagine: probabilmente un primo tentativo di inventario, con indicazioni sommarie relative agli atti più importanti dei cassetti dalla lettera A alla lettera G, mentre i documenti contenuti nei restanti cassetti vennero semplicemente annotarli come “scritture di poco valore”.